AVVELENAMENTI ED
INTOSSICAZIONI
NEL RICCIO
I^ parte
- Alcool |
Che il riccio soffra la sete non é certo un segreto ed é stato ripetuto alla nausea, ma che per soddisfare questa sua necessità, il nostro simpatico amico fosse disposto a partecipare, anche, ad una festa della birra, lascia, sul momento, stupiti.
Un ragazzo (lucido!) ci ha portato un riccio adulto, apparentemente esanime, trovato tra lattine e bicchieri di plastica, durante le operazioni di pulizia del mattino seguente la festa. Il luogo del ritrovamento, la "puzza" di birra, la sete storica dei ricci hanno fatto sospettare un "abuso di alcool"!!! In attesa della visita veterinaria è stato messo in camera calda e tenuto in osservazione. Lentamente ha cominciato a dare segni di vita; il controllo medico ha escluso la presenza di segni patognomonici di altre malattie e ci si é limitati all'idratazione e alla somministrazione di un diuretico. La ripresa, in alcuni giorni, è stata buona.
L' intossicazione da Etanolo non è così rara, come potrebbe sembrare; non è tipica dei paesi del nord Europa, dove normalmente si fa largo consumo di birra ed alcolici in genere, ma anche in Italia (ad esempio, nei mesi da giugno a settembre, di feste della birra, nei soli paesi circostanti la sede di SOS Ricci, se ne contano almeno 6, con una durata di circa sette giorni ciascuna). Ma il pericolo non viene solo dalla birra; troppo spesso quando i cassonetti delle immondizie sono pieni, i sacchetti vengono abbandonati in terra, nelle vicinanze; il riccio è ormai un animale suburbano/urbano e le immondizie sono una importante fonte di nutrimento, dove lui può trovare tetrapack che ancora contengono vino, bottiglie di alcolici rotte con notevoli residui di liquido. Non solo; paradossalmente una ulteriore fonte di intossicazione possono essere le trappole ecologiche, a base di birra, per le lumache, quando non correttamente posizionate (vai).
Il riccio é sì insettivoro, ma non disdegna, nella propria dieta, anche i vegetali; nei boschi e nei parchi, così come in molti giardini ed orti sono presenti numerosi prugnoli, i cui frutti, non raccolti, cadono a terra e lì fermentano, con produzione di alcool; possono essere inghiottiti dagli animaletti ed essere malauguratamente fonte di intossicazione alcoolica.
Clinicamente il riccio
si presenta in stato soporoso, se non francamente comatoso; mancano i
riflessi dolorosi, é assente il riflesso palpebrale (avvicinando rapidamente
all'occhio, del riccio, il dito di una mano, non se ne provoca la rapida ed
automatica chiusura della palpebra); l'occhio, inoltre, presenta miosi, con
mancanza del riflesso pupillare (contrazione o dilatazione della pupilla con
l'esposizione o meno alla luce di una pila). Si può presentare un quadro acuto
di insufficienza cardiocircolatoria, anche in funzione del quantitativo di
alcool assunto; il fegato è ingrossato; può presentarsi un edema polmonare;
frequente il vomito.
La comparsa di una coagulopatia intravasale disseminata (riscontrata nei casi
autoptici) può portare rapidamente a morte l'animale. Sempre di riscontro
autoptico é la vacuolizzazione citoplasmatica a livello cerebrale, l'edema
importante e numerosi foci emorragici.
Il trattamento, come già
accennato, si basa sulla idratazione (se non è possibile possibile quella
in vena per l'ipotensione, almeno sottocutanea), sul mantenimento al caldo
dell'animale (in camera calda o con una borsa dell'acqua); l'eventuale
somministrazione di un diuretico (tenendo conto dell'ipotensione, dell'eventuale
edema polmonare, ...). Queste valutazioni sono solamente informative: é evidente
che soltanto un veterinario, sul campo, potrà fare diagnosi e
trattamento, proprio per i quadri contrastanti, che molto spesso si possono
presentare contemporaneamente!
La lavanda gastrica potrebbe essere un
ulteriore ausilio, ma è efficace solo se tempestiva (il riccio, quasi sempre è
consegnato al veterinario in ritardo, perché in ritardo è stato ritrovato) e non
sempre semplice da attuare.
Un'altra misura da mettere in atto é il cambiare spesso (ogni mezz'ora circa) la
postura, evitando quella supina per il rischio di polmonite ab
ingestis.
Se 1/4 delle morti dei ricci
sono dovute ad incidente stradale, un altro 1/4 è legato ad avvelenamenti
diretti o indiretti, determinati da rodenticidi, antiparassitari, defolianti o
diserbanti, lumachicidi, ma anche concimi e fertilizzanti.
- Diretti o primari, perché il riccio introduce direttamente nel proprio
corpo la sostanza tossica (per ingestione, raramente per inalazione o per
assorbimento cutaneo).
- Indiretti o secondari, perchè l'animale si nutre di insetti o altri
piccoli mammiferi, sia vivi che morti, a loro volta intossicati da veleni,
oppure da esche appetitose, disseminate indiscriminatamente.
Ai
Rodenticidi
Anticoagulanti
va riconosciuto un posto di rilievo, tra le cause di avvelenamento, di più
frequente riscontro.
Sono composti che hanno
un'azione antagonista e competitiva con la vitamina k, neutralizzando o
diminuendone l'attività nella cascata della coagulazione (in particolare
alterando le attività dei fattori II°-VII°-IX°-X°), con l'effetto di allungare i
tempi di coagulazione e provocano quindi emorragie a diversi livelli e di
diversa entità, dose dipendente. Gli anticoagulanti di prima generazione
(warfarin) hanno un'emivita breve, ciò comporta la conseguenza che per
avere effetti tossici si deve raggiungere una determinata quantità di prodotto,
per somma di ingestioni multiple, con accumulo del composto. Gli anticoagulanti
di seconda generazione (brodifacoum) hanno, al contrario,
un'emivita lunga, con la conseguenza che l'effetto emorragico/letale può
manifestarsi alla prima ed unica ingestione.
Nel riccio, per i composti usati più comunemente in Italia ed Europa, e per le
modalità di utilizzo degli stessi, la tossicità si sviluppa, in prevalenza, per
ingestioni multiple.
La gravità dei sintomi e del quadro generale, così come i tempi di comparsa
degli effetti, come già detto, dipendono dal quantitativo di anticoagulante
ingerito e dallo stato globale del riccio (buona "scorta" di fattori della
coagulazione, quantitativo di vitamina k, ...).
Tipicamente il riccio manifesta:
emorragia (spontanea o successiva a traumi, interna o esterna con raccolte ematiche intraperitoneali, gastro-intestinali, cerebrali, ecc, cui conseguono perdite ematiche orifiziali: anali con diarrea francamente ematica, urinarie, emesi, sanguinamento gengivale, epistassi...), che a sua volta provoca:
anemia, che determinaa sua volta l'instaurarsi di un quadro di:
debolezza diffusa e pallore (particolarmente visibile a livello delle mucose orali);
dispnea,
tachicardia,
ematomi diffusi, con articolazioni gonfie (emartro),
morte.
Qualora la dose assunta non sia letale, la sintomatologia può durare diversi giorni, in ragione dell'emivita del prodotto ingerito e dei tempi di riattivazione della catena coagulatoria.
Questi sintomi si ritrovano nell'avvelenamento da topicidi, ma non sono tipi o caratteristici dell'avvelenamento; altre malattie (epatopatie croniche, malattie autoimmuni, coagulazione intravasale disseminata, disordini genetici della coagulazione, deficit di vit. k, edema polmonare, polmonite batterica,..., ma anche traumi o sindromi da schiacciamento degli arti) possono dare emorragia, debolezza, tachicardia, dispnea, anemia; il rischio è quello di sottostimare o sovrastimare l'incidenza degli avvelenamenti e questo condiziona sia il trattamento veterinario sia le valutazioni di igiene pubblica. E' quindi importante che sia sempre un veterinario a valutare il caso!
Per la diagnosi sono importanti:
dato anamnestico di possibilità di trattamenti topicidi nelle aree di ritrovamento del riccio soccorso,
aculei sporchi di polveri o francamente colorati di azzurro, rosso, grigioverde (per strisciamento contro esche o addirittura su cumuli di veleno sparso al suolo: con l'autosputo il riccio si contamina),
ricerca, se possibile, di cumarinici nel sangue dell'animale,
test ematici della coagulazione (PT, PTT, fibrinogeno e suoi prodotti di degradazione, emocromo),
ex adiuvantibus: terapia con vitamina k,
Rx (emopericardio, emotorace, emoperitoneo)
post mortem:
tracce di veleno nel tratto gastrointestinale,
emorragie focali e diffuse negli organi interni.
Trattamento
[Il vomito indotto farmacologicamente potrebbe ridurre il quantitativo di prodotto tossico ingerito e non ancora assorbito, ma resta un ausilio teorico perché il soccorso può essere tempestivo solo casualmente e quindi tardivo, per questa pratica. Stessa logica nella somministrazione di carbone attivo oppure di purganti salini per accelerare l'eliminazione del tossico].
Terapia con vitamina K (di scelta), per
ridurre ed annullare, per quanto possibile, l'azione competitiva ed
antagonista dei cumarinici.
Dosaggio: iniezione di vitamina K, nell'ordine di 5-7 mg/kg peso
riccio. Continuare per circa una settimana, per os, in gocce, 2,5 mg/kg.
Occorre tenere presente che se il composto cumarinico é di seconda
generazione, con emivita più lunga, il trattamento per os va continuato più a
lungo, secondo la correzione dei parametri ematici;
maneggiare con delicatezza l'animale e riporlo sopra superfici soffici, nei primi giorni, per il rischio ancora alto di emorragie traumatiche;
per la stessa ragione somministrare un blando sedativo.